roccia
21.06.2014 - Punta della Sfinge (2802 m) - Via dei Morbegnesi
Gruppo: Alpi Retiche Occidentali
Regione: Lombardia
Località di partenza: Bagni di Masino (1172 m)
Struttura d'appoggio: Rifugio Omio (2100 m)
Esposizione: Sud Est
Sentieri percorsi: numero 21 per il Rifugio Omio e "Dario Di Paolo" per l'attacco.
Massima elevazione raggiunta: 2750 circa m
Dislivello Totale: 1550 m
Dislivello della via: 250 m
Difficoltà: V°+/VI° e A1: oppure VII°
Attrezzatura utilizzata: Normale da arrampicata più una serie di Friend BD, cordini per allestire le soste, utili anche cordino molto lungo per un paio di soste con i chiodi lontani.
Tempi di percorrenza: 2h dal parcheggio al Rifugio Omio - 1 h e 30' dal rifugio all'attacco (può variare in base all'innevamento) - 5h la via - 30' la discesa in doppia - 1h 30' per tornare al rifugio (meno senza neve). Noi abbiamo pernottato al rifugio, altrimenti ancora 1h 30' per il rientro alla macchina.
Descrizione generale
Un bel fine settimana in compagnia degli amici del corso di alpinismo del Cai di Como (www.caicomo.it) in un ambiente maestoso. Il granito di questa porzione di Alpi non ha bisogno di commenti per gli appassionati di arrampicata, un piccolo gioiello che il grande pubblico non conosce. Non ci sono rinomate stazioni sciistiche ne panorami mozzafiato a poche centinaia di metri dai parcheggi.
Solo percorrendo in macchina la Val Bregaglia si può individuare l'inconfondibile pala del Badile, la montagna più famosa di quest'area riservata a escursionisti che hanno nelle gambe e nella testa la voglia di mettersi uno zaino in spalla e fare un po' di fatica.
Fatica ripagata da un ambiente magnifico e severo come le sue vie di roccia che non hanno ceduto ai tentativi di essere "aggiornate" secondo le logiche sportive.
La via dei Morbegnesi (aperta da F. Botta, F. Bottani, G. Dell'Oca, A. Passerini, L. Romegialli il 28 Agosto 1964) è stata oggetto di un tentativo di riattrezzaggio a fix abbandonato al secondo tiro e conserva immutata la chiodatura degli apritori, compreso il tratto in artificiale. La via, che risale il versante Sud Est della Punta della Sfinge, richiede preparazione nell'uso delle protezioni e una buona dose di decisione per superare tratti non facilmente proteggibili.
Le soste sono attrezzate con cordoni (su chiodi) e mailon per l'eventuale calata, consideriamo la calata da questa via un'avventura non da poco e sconsigliamo di considerare il ripiego lungo la via.
In condizioni di ancor forte innevamento decidiamo di percorrere questo impegnativo itinerario nel primo dei due giorni del fine settimana; con partenza dai Bagni di Masino, la gita è lunga e richiede una buona preparazione fisica.
Tutti i complimenti sono per Just Cory, che su una delle sue prime vie in ambiente sceglie di procedere a comando alternato guadagnandosi i gradi di Gran Rubagalline!
Attacco, Descrizione della via
Arrivando da Lecco percorrere la Valtellina fino oltre a Morbegno. Seguire le indicazioni per la Val Masino e raggiungere San Martino. Proseguire per i bagni di Masino dove si può parcheggiare a pagamento o lungo la strada con parcheggio libero prestando attenzione a non creare intralcio al bus di linea che raggiunge i bagni.
Dal parcheggio seguire le indicazioni per il rifugio Omio e risalire ripidamente il bosco, poi ancora per sentiere in una vallata più aperta fino al rifugio. Da qui imboccare il sentiero per il passo Ligoncio.
In breve di raggiunge un bivio con palina, proseguire dritti in direzione sud ovest lungo il sentiero Dario di Paolo (bolli bianco/rossi) che sale un canale che dovrebbe essere detritico, ma per noi è stato un canale innevato.
Quando la vallata piega verso nord aggirando la Sfinge risalire ancora per un centinaio di metri di dislivello e portarsi sotto la verticale del marcato diedro che solca la parete sotto un'incombente torre rossastra. La via attacca sotto il diedro.(1h 30' dal rifugio Omnio).
1° tiro:
La relazione che avevamo dice si salire un gradone e proseguire per una bella fessura. L'abbondante innevamento alla base ci ha risparmiato di salire il gradone. Ci siamo imbragati su un'esile cengia e siamo partiti direttamente dalla bella fessura. Si raggiunge facilmente un pulpito sulla destra e qui si prosegue lungo la fessura fino a un vecchio chiodo da raggiungere con passi delicati. Proseguire in fessura fino a che, sulla destra, si trovano delle lame orizzontali. Uscire sulle lame e rimontare la placca puntando alla base del diedro dove si trova la sosta. In sosta sue chiodi collegati e tassello con dado di un fix di cui manca la piastrina. 45 m (compreso rimonto iniziale), V°, 1 chiodo.
2° tiro:
Salire il diedro sopra la sosta fino ad un fix, sulla destra, testimone di un'iniziativa di riattrezzaggio della via poi abbandonata. Ancora in verticale fino a un chiodo e poi a un terrazzino dove si sosta su 2 chiodi e un fix (l'ultimo che incontreremo fino all'uscita della via). 25 m, IV+°, 1 fix e 1 chiodo.
3° tiro:
Sempre nel diedro fino a uno strapiombino che si supera protetti da un chiodo psicologico. Puntando ai ciuffi d'erba già visibili si esce su cengia vegetata. La sosta è appena sopra la zona erbosa sulla destra (3 chiodi). 20 m, V°, 1 chiodo di dubbia tenuta.
4° tiro:
proseguire nel diedro ora un po' più canale erboso, oltrepassare un chiodo e raggiungere al sosta (2 chiodi con cordino) su una buona cengia . 20 m, IV+°, 1 chiodo.
5° tiro:
Risalire ancora in verticale fino a trovare un vecchio chiodo con l'anello deformato, si riesce a strozzare un cordino e si piega a sinistra appena rinviato. Dopo circa 5 metri di traverso la placca presenta una gradinatura che permette di rimontarla e di entrare un diedro molto appoggiato. Al termine si nota una lama con fettuccia incastrata, la sosta (2 chiodi) si trova sopra la lama su cengia. 25 m, IV+°, 1 chiodo e 1 fettuccia incastrata.
6° tiro:
Qui si abbandona il diedro che ha caratterizzato la prima parte della via, il tiro richiede un po' di intuito per scegliere la linea corretta. Varie relazioni portano a interpretazioni diverse.
Noi abbiamo fatto così: lasciare subito il diedro e rimontare in diagonale a sinistra su una rampetta fessura non particolarmente impegnativa. Al termine piegare a destra su bella cengietta con sosta (2 chiodi cono cordino) da rinviare e proseguire per il sovrastante diedro. Attenzione al masso instabile 3 metri sopra la sosta rinviata, scavalcarlo e obliquare leggermente a sinistra verso un chiodo con cordone sfilacciato. Raggiunto il chiodo non farsi attrarre dal pulpitino sulla destra (c'è anche un chiodo, ignoratelo comunque), ma traversare a sinisitra in orizzontale con l'aiuto di una banca inclinata per i piedi. Raggiunto lo spigolo arrotondato guadagnare il comodo terrazzino oltre ad esso grazie alle provvidenziali fessurine, piccole e arrotondate, ma sufficienti per ristabilirsi. Qui si trova la sosta su 2 chiodi. 35 m, IV°, 1 passo di V°, 1 chiodo e 1 sosta intermedia.
7° tiro:
Sopra la nostra verticale si vede un tetto con masso incastrato e vecchio cordone, ignorarlo. Traversare a sinistra per pochi metri su cengia erbosa fino un gradone da rimontare. Un paio di tacchette aiutano a spostarsi sulla destra fino a un chiodo posto sotto la parte destra di una lama rovescia e orizzontale. Pinzare l'esile lama e traversare a sinistra con un paio di passi delicati. Questi pochi passi di VI° non sono così facilmente attraversabili in artificiale, molto meglio aggiungere una protezione volante e procedere in libera. Superato il traverso con passo di uscita in verticale si guadagna un breve e semplice diedro erboso che conduce a un bel terrazzo di sosta con 2 chiodo molto lontani. 15 m, IV°, VI°, III°, 1 chiodo.
8° tiro:
Risalire il diedro erboso, non difficile, se voleste inserire delle protezioni allungatele molto perchè già così la corda fatica a farsi recuperare a fine tiro. Al termine spostarsi a destra e per belle lame raggiungere in verticale la placca attrezzata con i chiodi a pressione. Il grado è alto e la data dei chiodi (1964) suggerisce di non rischiare di volarci sopra, meglio sfruttarli per la progressione artificiale. Superato il tratto in artificiale (fino al chiodo con anellone la libera non è così dura). Si punta una nicchia con vecchio cuneo, bello come ricordo, ma orami completamente inutile come protezione: guardare e non toccare. Sulla paretina di destra si raggiunge facilmente un chiodo con anello che protegge l'uscita atletica dalla nicchia e immette nel camino finale, ultimi metri impegnativi: non spendete energia per tentare di rinviare il primo chiodo che è diventato inutilizzabile, meglio inserire un friend subito sopra e proseguire in verticale fino al chiodo successivo aiutandosi con il marcato spigolo sulla destra. Ancora pochi passi e appena oltre la forcella di uscita troviamo la sosta su 2 fix e un chiodo collegati da cordoni. Moschettone di calata in loco senza ghiera. Il recupero del secondo è faticoso per gli attriti e la posizione della sosta. 50 m, IV°, VII° o A1, V°+, 2 chiodi a pressione, 1 chiodo con anello, 3 chiodo a pressione, un chiodo con anello, 2 chiodi (utilizzabile 1).
Discesa
Dalla S8 ci si cala con due doppie da 50 m sul versante NordEst della Sfinge (quello opposto alla parete di salita) fino al nevaio sottostante (almeno in questa stagione):
1a doppia da S8 discendere per 50 m circa fino a un terrazzino con ometto. L'anello successivo è sulla sinistra a ridosso della parete dei un grande diedro.
2a doppia dall'anello fino al ripido nevaio, meglio discenderlo sulla doppia finchè c'è corda.
Da qui è indicato il sentiero che riconduce al rifugio Omio in circa 1h e mezza. Su neve puntare alle tracce in genere evidente delle più battute vie Fiorelli e Bramani (sulla sinistra viso a valle). Se anche le tracce non fossero presenti: puntare a sinistra (viso a valle) al punto più basso del nevaio dove per ripida forcella si recupera il sentiero di rientro.